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Facciamo un salto indietro nel tempo, un bel salto.
Diciamo di almeno 200 milioni di anni, quando inizia la separazione fra l’Africa e l’Eurasia.
Si forma così una profonda spaccatura, subito colmata dalle acque del mare, dando origine a quello che venne pomposamente chiamato Oceano Ligure Piemontese.
E l’Italia, poveretta, era la sotto, sotto 3000 metri di acqua salata.
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Il tempo passa, Europa ed Africa si allontanano, ma dal fondo del mare, specie la dove la crosta era più sottile, il magma fuso comincia a fuoriuscire e, a contatto con l’acqua, inizia a solidificare.
Esce, cresce e solidifica. Esce, cresce e solidifica.
Si formano così le principali rocce che saranno la base, la struttura portante, delle nostre montagne: i gabbri se solidificati ancora sotto il mare, i basalti se invece la roccia fusa riesce a raggiungere la superficie, solidificando così direttamente a contatto con l’aria.
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Sezione sottile di Gabbro
E così emergono quelle che oggi sono le Alpi e gli Appennini, le principali isole, le parti sopra elevate dell’Italia. Tutto il resto è ancora abbondantemente sotto un mare popolato da tutte le strane creature che allora vi vivevano.
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Poi, il seguito è storia più recente: il magma ha continuato a risalire ed a formare nuovi territori, le montagne hanno iniziato a disgregarsi formando terreni più o meno fertili e così via per milioni di anni, finché finalmente compare l’Uomo, già pronto a fare tutti i suoi guai.
Il succo di questo discorso è che se noi andiamo in qualsiasi aperta campagna, in collina, nel vostro giardino, ovunque, nel terreno, possiamo ancora trovare dei resti fossili di quel mare che ci sovrastava milioni e milioni di anni fa. Magari non lo scheletro di una balena, che oltre tutto non potremmo neppure tenere per noi, ma certamente troveremo i resti più duri di tanti piccoli fossili: conchiglie, lumache, denti, ammoniti, ecc.
Anzi, con più sono piccoli, con più è probabile trovarli interi e ben conservati. Al contrario, più grandi sono, più facilmente sono stati rovinati dalla lavorazione del terreno o dai sommovimenti tellurici.
Ma torniamo ai giorni attuali e vediamo come possiamo recuperarli per formare una mini collezione di fossili.
Durante una gita verso Volterra, colpito dalla bellezza del paesaggio, mi sono fermato sul bordo strada ed ho prelevato un po’ di terriccio dalla banchina stradale, in un punto non soggetto a lavorazioni.
Al ritorno ho messo la terra in un recipiente trasparente, assieme ad acqua ed una goccia di sapone liquido.
Ora, le fasi per isolare i micro fossili sono: agitata, decantazione, asportazione del liquido surnatante con una siringa, aggiunta di nuova acqua.
La sequenza è da ripetere da capo finché l’acqua non resta pulita.
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A questo punto ci serve un setaccio a maglie fini, diciamo tra 0,3 e 0,1 mm.
Depositiamo la poltiglia sul filtro e lasciamo scorrere un filo d’acqua in modo da dilavare la parte più fine del terreno. L’ultimo lavaggio lo faremo con acqua distillata.
Resteranno sul filtro le particelle più grossolane: tanti saranno piccoli sassolini senza importanza, ma alcuni possono essere interessanti fossili preistorici.
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Lasciata asciugare la parte solida, andremo poi ad esaminarla ma, date le dimensioni, lo faremo con l’aiuto di uno stereo microscopio o, almeno, di una lente.
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Per catturare i piccoli fossili possiamo utilizzare uno stuzzicadenti con la punta inumidita: basta toccarli e questi aderiscono al legno, poi li si deposita su di un vetrino su cui abbiamo steso un velo di colla.
Ed ecco una “pescata” di fossili vecchi oltre cento milioni di anni:
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Da sin. Foraminiferi, Globigerine, Bulimina, aculei di echinidi
Certamente l’ordine dei Foraminifera è il più ricorrente, essendo piccoli e con scheletro calcareo, sono abbastanza protetti ed è frequente ritrovarne anche di molto belli.
Alle volte la loro forma è molto aggraziata e, ripresi in contro luce, sembrano delle cornucopie di cristallo.
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Apparentemente insignificanti invece le piccole Orbitoline ed i Nummuliti, così chiamati perché assomigliano a delle monetine di pietra, ma molto interessanti perché in realtà sono una unica cellula gigante accresciuta per strati successivi e piena di buchi attraverso i quali passano gli pseudo podi, filamenti che fuoriescono dalle aperture e funzionano come dei remi. Invece, molto bella la cellula nummulitica se sezionata nei suoi piani ortogonali:
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Nummulite in sezione
Naturalmente molto frequenti i molluschi, anche se molti, come i bivalvi, sono troppo spesso frantumati per la delicatezza e la fragilità della loro conchiglia. Ben rappresentati invece i gasteropodi, dotati di un ben più robusto involucro.
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Da sin. gasteropodi, aculei di riccio, foraminiferi, bivalvi
Per terminare, una carrellata di fossili trovati, magari non in giardino, ma pur sempre in terreni ben lontani dal mare (la punta di spillo serve come confronto dimensionale):
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Gasteropodi
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Foraminiferi e globigerine
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Nummuliti – Orbitoline
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Foraminiferi
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Bivalvi gasteropodi
P.S.: mi scuso con i veri esperti di paleontologia per i miei termini poco precisi, ma il mio primo pensiero è per la divulgazione e, talvolta, l'eccessivo semplificare porta a qualche inesattezza.